Il giorno dell’ira

di Matteo Mario Cesare Costanzo

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Il tema della giustizia in molte delle produzioni musicali classiche. La colpa morale – ad esempio l’agire dissoluto di un Don Giovanni o del Duca di Mantova del Rigoletto – vive nell’attesa del giudizio finale, di cui il Dies Irae sarà una delle espressioni più maestose.


Il morso che spezza, la giustizia, il giudizio inesorabile… L’argomento che questo mese l’I King ci propone è forse tra i più affascinanti. Del resto nel mondo della musica non mancano certo esempi che possano essere fruiti proficuamente. La riflessione che vogliamo proporvi questo mese non tocca una sola composizione ma piuttosto vuole essere uno sguardo più ampio al tema del giudizio in generale, argomento che, in fondo, non può che essere definito “d’ampio respiro”.

Come non iniziare con il colossale Don Giovanni, il dissoluto punito. Nella magistrale composizione di Mozart, libretto di Cesare Da Ponte, vediamo narrate le vicissitudini della vita libertina e lussuriosa di Don Giovanni, che il buon servo Leporello così ci descrive:

[…] il catalogo è questo delle
belle che amò il padron mio,
un catalogo egli è che ho fatt’io,
osservate, leggete con me.
In Italia seicento e quaranta,
in Lamagna duecento e trent’una,
cento in Francia,
in Turchia novant’una,
ma in Ispagna son già mille e tre.1

Insomma proprio una vita volta ad infrangere tutte le regole del buon costume e della morale. La sete di giustizia è il tema che muove tutti i personaggi dell’opera che, incessantemente, non fanno altro che cercare di porre Giovanni sotto giudizio, di modo che possa pagare per la sua condotta tutt’altro che encomiabile. Al termine dell’opera, nella celebre sequenza Don Giovanni a cenar teco, la Giustizia compare sul palco rappresentata da una statua, lo spirito di un commendatore ucciso dallo stesso protagonista, che Giovanni aveva beffardamente invitato a cena. La statua invita il nostro a pentirsi: è la sua ultima occasione per ottenere misericordia, ma a seguito del suo caparbio rifiuto di domandare venia per le proprie colpe, ecco spalancarsi le bocche dell’inferno ed emergerne le anime dei dannati. Nel terrore più totale, Don Giovanni viene inghiottito dalle fiamme espiatrici.

Proseguendo la nostra esposizione, Vi proponiamo Rigoletto2 la grande opera che fa parte della Trilogia popolare Verdiana (Rigoletto, Il Trovatore, Traviata). In quest’opera, il cui libretto fu scritto da Francesco Maria Piave, osserviamo la storia del buffone Rigoletto che, alla corte del duca di Mantova, è solito prendersi gioco di tutti, forte della protezione a lui offerta dal duca stesso. Ma durante una festa, Rigoletto “passa il segno”, deridendo Monterone, venuto a reclamare l’onore della figlia sedotta dal duca (un altro della stessa razza di Don Giovanni)3.

Qual vi piglia or delirio… a tutte l’ore
di vostra figlia reclamar l’onore?4

Ma Monterone monta su tutte le furie e, tra lo stupore degli astanti, pronuncia parole terribili: «e tu, serpente, che d’un padre ridi al dolore, sii maledetto!». Ecco l’estrema invocazione alla Giustizia di Monterone: egli sa che non sarà possibile ottenerne con mezzi terreni e chiama il cielo in suo aiuto. E il cielo risponde. Rigoletto infatti, che ha deriso un padre in cerca di soddisfazione per l’onore leso della figlia, vedrà lui stesso sua figlia (che tiene nascosta appositamente per preservarne la purezza dalle grinfie del duca) cadere dapprima preda delle di lui lusinghe e poi morire per amore proprio di quel duca per cui «questa o quella […] pari sono a quant’altre d’intorno mi vedo». Ed ecco prorompere il grido del buffone a squarciare il velo della notte, tra fulmini di tempesta: «La maledizione!».

Concludiamo qui la nostra proposta legata al mondo operistico e passiamo a proporvi un pezzo della letteratura musicale molto particolare e molto piacevole, una cantata che costituisce un vero piccolo gioiello: Das Klagende Lied, di Gustav Mahler5 (di cui vi sottoponiamo il testo in coda all’articolo). Essa narra la storia di un menestrello che, trovando un ossicino sotto un albero, ne intaglia un flauto. Suonandolo, evoca lo spirito dell’uomo cui quell’osso apparteneva, che gli racconta la sua storia: è stato ucciso da suo fratello per ottenere la mano della bella regina. Il menestrello si presenta allora alla corte del nuovo re (proprio il fratello dello spirito) e suona il suo flauto facendone scaturire lo spirito che si leva accusatore contro suo fratello. Ma ecco che il sovrano, strappando dalle mani al menestrello l’osso, osa lui stesso insufflarvi, compiendo una terribile profanazione. All’improvviso si scatena la Giustizia: la regina muore e il re ed il castello vengono inghiottiti nelle profondità della terra.

L’idea di Giustizia, di una norma pura, trascendente, che cali sul mondo come forza ordinatrice, accomuna i tre bellissimi esempi di produzione musicale testé proposti. Essa è la giustizia a lungo invocata dai personaggi di Don Giovanni per dar loro soddisfazione dei torti subiti, è l’ultima speranza per Monterone di veder riconosciuta la sua dignità, è la vendetta del fratello ucciso del Das Klagende Lied. In ogni caso, è l’elemento che interviene quando è evidente che i personaggi, con le loro sole forze, non potranno garantire quell’ordine più grande di noi che, come uomini, sentiamo il bisogno di porre a sostrato della conduzione della nostra vita. La Giustizia agisce invocata, come pioggia purificatrice (proprio l’immagine suggerita dall’I King) nel caso di Rigoletto, in cui il padre oltraggiato invoca la maledizione per coloro che gli hanno fatto torto. E cos’è una maledizione se non proprio l’accorata supplica di un intervento al di sopra delle nostre forze? Ed allora ecco giungere il Giudizio, strumento proprio della Giustizia, attraverso il quale ella decreta le sorti di coloro che hanno macchiato le sue leggi, che abbiamo bisogno di sentire come santamente imprescindibili per dare ordine alla nostra esistenza.

Ma il morso dell’I King è un morso che spezza, e come potrebbe mai spezzare qualcosa se non incontrasse una resistenza? Don Giovanni e Das Klagende Lied fanno proprio al caso nostro: i soggetti al giudizio, in questi casi, si oppongono ad esso caparbiamente, come se potessero sperare di sottrarsi al suo furore devastante. È il caso di Don Giovanni che invita a cena lo spirito del Commendatore, chiara incarnazione della Giustizia, e rifiuta il pentimento. È il caso del re del Canto del Lamento e dell’Accusa che riconoscendo il fratello assassinato prorompe in un eccesso di Hýbris, di “tracotanza”, e suona quel flauto ricavato proprio dal simbolo della sua colpa. Queste “resistenze” vengono spazzate via dal poderoso morso dell’Ordine Universale, che li schiaccia e li cancella dalla faccia del mondo, riportando la pace e la purezza.

Come poter tralasciare, al termine della proposta del mese, uno sguardo ad un genere musicale che più di ogni altro esprime il rapporto dell’uomo con il senso di Giustizia e di estremo Giudizio come la Messa Da Requiem. Del resto, la fede cattolica dalla cui liturgia è tratto questo genere di composizione, ha un rapporto molto marcato con il Giudizio. Proponiamo pertanto alla vostra attenzione il passo del Dies Irae, nelle sue due più celebri composizioni di Mozart6 e Verdi7, che forse meglio di altri può evidenziare nell’immaginario collettivo proprio l’idea di giustizia. Il “giorno dell’ira” è proprio il giorno del giudizio ultimo, finale, oltre il quale verrà abolito perché non resterà altro da giudicare. È l’immagine del Giudizio per antonomasia «quidquid latet apparebit, nil inultum remanebit». Il popolo cristiano attende fremente quel giorno, che vede come conferma dell’ordine universale delle cose, evidenza della legge del contrappasso, estrema speranza dei giusti.

Infine, come ultima proposta, vi invitiamo a riflettere come noi stessi, ogni giorno, ci poniamo come autori di un “morso che spezza” nelle varie situazioni in cui siamo coinvolti. In campo musicale, del resto, è proverbialmente temuto il giudizio dei loggionisti. Non è forse una perfetta immagine del morso che spezza l’esprimersi di una giuria così determinata ed appassionata che può decretare il successo di un’esecuzione o “spezzare” la bacchetta di un direttore d’orchestra?

DAS KLAGENDE LIED
Scena di nozze

Dall’alta rupe risplende il castello,
echeggiano timpani e cornette.
Là siede il corteo di prodi cavalieri,
e le dame con collane d’oro.

Perché quei suoni di giubilo e di gioia,
perché brilla e risplende la sala regale?
Oh gioia, ohé, gioia!

E non sai il perché di tanta gioia?
Oh, te lo posso ben dire!
Oggi la regina celebra le sue nozze
con il bruno cavaliere!

Guardate là, l’orgogliosa regina!
Ma oggi si spezzerà il suo animo altero
Oh gioia, ohé, gioia!

Perché è cosi pallido e taciturno il re!
Perché è cosi pallido e taciturno il re!
Cosa preoccupa tanto la sua mente?

Un menestrello si affaccia alla porta,
cosa mai potrà volere?
Oh dolore ahimè, oh dolore ahimè!

‘Ah menestrello, mio caro menestrello,
a te volgo ora il mio lamento!
Per un fiorellino dal bel colore
mio fratello m’ha ucciso.

Nel bosco impallidisce il mio giovane corpo!
Mentre mio fratello sposa una donna incantevole!
Oh dolore, ahimè, oh dolore!’

Il re balza dal suo trono
e volge lo sguardo agli invitati a nozze,
afferra il flauto con empio scherno
e alla bocca se lo accosta.

Quale orrore! Che mai riecheggiò allora!
Non udite voi la storia tremenda e raccapricciante?

‘Ah fratello, caro fratello mio!
A te volgo ora la mia accusa!
Tu m’hai ucciso!
Ora stai suonando con un osso del mio corpo morto!
E in eterno ne trarrò accusa e lamento!

Perché la mia vita ancora giovane
hai sacrificato alla morte!
Oh dolore, ahimè, oh dolore!’

Al suolo giace la sposa del re.
Tacciono timpani e cornette,
terrorizzati fuggono i cavalieri e le dame,
crollano le antiche mura del castello.

Si spengono le luci nella sala regale.
Che ne è del banchetto nuziale?
Ah dolore!


Note:

1. A. Da Ponte, Il Dissoluto Punito ossia Don Giovanni, 1787.

2. Per un’esaustiva, divertente e interessantissima trattazione di quest’opera, consigliamo di visionare la conferenza tenuta del Maestro Riccardo Muti all’università Bocconi di Milano l’8 maggio 1994.

3. Si veda la celebre aria Questa o quella che meglio di mille parole può descrivere la “politica” del duca in fatto di donne.

4. Francesco Maria Piave, Rigoletto, 1850.

5. G. Mahler, Il Canto del Lamento e dell’Accusa, 1878-1880.

6. Tra le molte belle esecuzioni, ci sentiamo di segnalare quella diretta da Leonard Bernstein con il Chor des Bayerischen Rundfunks nel 1989.

Autore

  • Ufficialmente il suo nome è Matteo Mario Cesare Costanzo, ma dato che sembra un patrizio d’età tardo romana, vi basterà chiedere di Oscar. Oltre a esperienze nello studio della Giurisprudenza e della filosofia, vive la passione per la musica lirica grazie all’amata zietta, ex cantante del coro della Scala, che adesso gorgheggia all’Auditorium.

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