di Amedeo Bellodi
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Più osserviamo la Natura, più questa ci riempie di interrogativi tanto che l’Universo ci appare sconclusionata. In realtà nasconde un disegno ordinato e razionale: sta al fisico individuarlo.
Da quando studio fisica, spesso ripenso alle prime lezioni di filosofia del liceo sui filosofi presocratici (Talete, Anassimandro e Anassimene). Le loro riflessioni sulla varietà delle manifestazioni della Natura, nel senso più ampio che questa può assumere, mi hanno fatto pensare che agli albori la filosofia non fosse altro che quella che oggi chiamiamo fisica: l’osservazione della Natura, l’indagine dei suoi costituenti, la sua descrizione e comprensione. Oggi come allora, nonostante le innovazioni scientifico-tecnologiche, la complessità del mondo appare talvolta non riconducibile a una logica ordinata (pensiamo alle catastrofi naturali e all’evoluzione climatica, ad esempio). All’interno della società, però, c’è chi non si perde d’animo e tenta di riorganizzare le idee rispetto a ciò cui assiste, al fine di proporne una descrizione plausibile e razionale: lo scienziato. Egli, in un certo senso, mette ordine nella “camera” disordinata della Natura, l’Universo. Già Talete trovò interessante un angolo specifico della stanza: una notte, cadde in un pozzo, attirandosi le derisioni dei concittadini; s’era distratto a guardare le stelle. Come mettere in ordine il cielo? Scriveva il fisico e matematico britannico James Jeans che il compito dell’astronomo è osservare l’Universo
[…] discovering what law and order he may in their observed arrangement and behaviour.
Riferiamoci alla Figura 1, in cui sono riportati i negativi di sei galassie a spirale, autentici spettacoli del cielo. Confrontiamo le immagini: alcune galassie ci appaiono più scure (e quindi luminose), altre più tenui; alcune al centro presentano una struttura tondeggiante, altre una barra; riconosciamo inoltre diverse geometrie dei bracci delle spirali (più o meno avvolti). Queste tre semplici considerazioni già creano ordine e operano una classificazione, così come fece Edwin Hubble nel 1926. Jeans suggerisce che questo è solo il primo passo della ricerca:
[…] only the dullest of human minds can rest content with a mere catalogue of observed facts; the alert mind asks always for the why and the wherefore. 1
Viene abbastanza spontaneo chiedersi, ad esempio: come si sono formate queste strutture? Come evolvono? Cosa regola l’apertura dei bracci della spirale? Quale discriminante porta alla formazione di una barra centrale? Perché le galassie a spirale presentano per lo più due bracci (ve ne eravate accorti)? La risposta a queste domande presuppone una prospettiva che appare più chiara se consideriamo una riflessione dell’astronomo statunitense Allan Sandage:
[Hubble’s] classification describes a true order among the galaxies, an order not imposed by the classifier. 2
Il fisico non deve creare un ordine ma piuttosto avere occhi adatti a vederne uno che nella Natura (a un primo sguardo, disordinata) c’è già. Spesso, una madre rimprovera al figlio di avere una scrivania disordinata ma lui vi riesce a ritrovare tutto ciò che serve: talvolta bastano occhi diversi per una visione più chiara e limpida. Trovare l’ordine insito delle cose non è un compito facile: le galassie, anche se globalmente presentano geometrie che possono apparire piuttosto semplici, sono sistemi molto complessi e del tutto non banali. Sono strutture composite: per quel che riguarda le componenti visibili (esistono infatti anche componenti “oscure”) le galassie sono costituite da gas in una quantità paragonabile agli abitanti di Roma rispetto a quelli di tutt’Italia, parecchia polvere e soprattutto un esercito di almeno qualche decina di miliardi di stelle. Immaginate di stendere questo enorme “impasto” su una lunghezza pari a qualche decina di migliaia di parsec (se la distanza Terra-Sole fosse un quadretto di quaderno, diecimila parsec equivarrebbero circa a farsi un viaggio sulla Transiberiana da Mosca a Vladivostok). La vera complessità, tuttavia, sta nell’interazione reciproca fra le parti: s’incontrano, si scontrano, si legano, si slegano. In un sistema così articolato, l’ordine è nascosto nel principio che regola le interazioni; per le stelle, la gravità. Per introdurre la gravità mi rifaccio alla presentazione fornita da un manuale di astrofisica a me caro3 , che a sua volta si rifà al Capitolo 7 di The Feynman Lectures on Physics, in cui il celebre premio Nobel Richard Feynman commenta un’immagine del tutto simile alla Figura 2:
Che la legge di gravitazione sia vera […] è evidente dalla figura. Chi non riesce a vedere qui la gravità in azione, non ha un’anima! Questa figura mostra una delle immagini più belle che il cielo ha da offrire: un ammasso globulare. Ogni puntino è una stella. Al centro sembrano formare una massa compatta ma questo è dovuto all’insufficiente risoluzione dei nostri strumenti. In realtà, anche qui la distanza tra una stella e l’altra è molto grande e raramente avvengono collisioni. Ci sono più stelle all’interno che verso l’esterno, e spostandoci verso la periferia ce ne sono sempre meno. È ovvio che vi sia attrazione tra queste stelle. 4
Come un comandante in un esercito, la gravità chiama a raccolta le stelle e con regole precise guida la loro evoluzione dinamica: quanto più sono massicce e vicine tra loro, tanto più risentono dell’attrazione gravitazionale. Rispondono ai comandi eserciti diversi. Ci accorgiamo della gravità noi ogni giorno al suono della sveglia, cadendo giù dal letto attratti dal centro della Terra. Se ne accorge la Terra, che a causa della gravità del Sole, vi orbita attorno. Se ne accorge a sua volta il Sole, che per guadagnarsi la sua forma – pressoché – sferica, contrappone una forza di pressione alla gravità che vorrebbe far collassare il gas di cui è composto verso il centro (per dirla con l’I King: «dentro pericolo» la lotta con l’auto-gravità, «e fuori obbedienza» la forma sferica). Lo sanno quelle stelle che, troppo stanche, hanno esaurito l’energia necessaria per opporsi alla loro auto-gravità e collassano, generando potenti esplosioni che danno origine a stelle di neutroni e buchi neri. Come anticipato, le stelle tendono a presentarsi in sistemi multipli, attratte dalla gravità reciproca. L’esempio più semplice è il caso di un sistema binario, in cui due stelle si ritrovano a danzare attorno a un punto comune. Nonostante l’apparente semplicità, la fisica dei sistemi binari è ricca di spunti. Esistono binarie, in cui una stella sotto l’effetto della gravità della compagna, le cede massa, accrescendola. Potrebbe sembrare un gesto solidale d’amore, quasi come una madre che allatta il piccolo, ma è piuttosto un incontro mortale: l’accrescimento conduce una delle due stelle a una condizione d’instabilità tale da farla collassare e esplodere, come avviene nel caso delle Supernovae di tipo Ia. La gravità regola anche l’evoluzione di sistemi stellari più popolati. Le stelle entro un ammasso stellare (come un ammasso globulare o una galassia) risentono della presenza delle altre e quanto più frequenti sono gli incontri fra esse, tante più variazioni di direzione e velocità (gli addetti ai lavori parlano di scambi di quantità di moto) subiranno. Tramite questo processo dinamico (detto rilassamento), la gravità conduce le stelle a un’equipartizione dell’energia: le stelle perdono progressivamente informazioni sulle loro condizioni dinamiche iniziali e si sentono a pieno titolo parte del sistema cui appartengono, col risultato di uno spirito cameratesco, un po’ come se la gravità “facesse spogliatoio”. Ho tessuto fin qui le lodi della gravità, quasi fosse un invincibile condottiero. Eppure, consideriamo un atomo d’idrogeno e confrontiamo l’attrazione gravitazionale fra le masse del protone e dell’elettrone che lo compongono con la forza elettrostatica fra le loro cariche: quest’ultima è mille miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di volte più intensa. Esistono “angoli della camera” in cui la gravità diventa trascurabile e lascia ad altri comandanti il compito di tenere ordine. Un compito del fisico è anche questo: capire le gerarchie fra i “comandanti” e quali determinano lo stato delle cose. Un altro ordine che c’è già, basta vederlo.
Note:
1. James Jeans, Astronomy and Cosmogony, Cambridge University Press, Cambridge (UK), 1929.
2. Allan Sandage, John Bedke, The Carnegie Atlas of Galaxies, Carnegie Institution of Washington, Washington DC, 1994.
3. Giuseppe Bertin, Dynamics of Galaxies, Cambridge University Press, Cambridge, 2014.
4. Richard Feynman, La fisica di Feynman – Meccanica, radiazione, calore, Zanichelli editore, Bologna, 2007.