Tra il farlo apposta e la sbadataggine

Se è giusto rimproverare chi sbaglia per via della sbadataggine, è giusto prendersela di più con quelli che lo fanno apposta; allora perché nei reati stradali, dove si presume che nessuno voglia far del male agli altri, si intende punire i trasgressori con pene bibliche?

guida in stato di ebrezza

di Gianluca De Rosa

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Da bambino ero davvero un tipo scalmanato. Una volta stavo scorrazzando chissà per quale astruso motivo a casa della mia adorata nonna paterna, e così facendo ruppi un bel vaso, regalo che mio nonno le aveva fatto e ricordo del loro remoto viaggio di nozze. La mia scusa fu prontissima: “non l’ho fatto apposta”. Già si vedeva che avrei avuto un brillante (*sigh*) futuro da giurista.

I miei genitori mi risposero: “Ci mancherebbe solo che l’avessi fatto apposta, disgraziato, dovevi comunque stare più attento”.

Mi stavano spiegando con parole informali la differenza che c’è tra un comportamento doloso ed un comportamento colposo: il primo è proprio il farlo apposta, agire secondo l’intenzione, fare una cosa perché la si vuole fare. Sempre nella mia felice fanciullezza ogni tanto capitava che arrivasse a casa un vasetto di Nutella; il sottoscritto lo faceva scomparire in un baleno. Sapevo benissimo che era sbagliato, mi prefiguravo senza alcun dubbio che la mia mamma mi avrebbe sgridato moltissimo, ma decidevo comunque di seguire i miei istinti, un po’ per spregio nei confronti dell’ordine costituito, un po’ perché trovavo (e trovo tuttora) che le creme di nocciole siano un autentico nettare degli dèi. Questo per quanto riguarda il cosiddetto dolo.

Un atteggiamento colposo, invece, segue una imprudenza, una negligenza, una imperizia oppure non si cura di osservare le regole (diverse da quelle penali) che lo Stato (o il buon senso) ha posto: lo stesso buon senso che doveva spingermi, in quella bella estate di metà anni Novanta, a non scorrazzare di fianco a dei vasi colmi di valore affettivo, e lo stesso buon senso che è perfettamente riassumibile nella locuzione: “Disgraziato,dovevi stare più attento”.

Questa premessa mi serve a dire qualcosa di ovvio: ci sono casi in cui si viene puniti solo quando si tiene un comportamento che segue una precisa intenzione (come ad esempio il furto o il danneggiamento), altri casi in cui per sbagliare basta la semplice sbadataggine (come ad esempio molti reati tecnici, quali quelli ambientali o professionali), altri ancora sono puniti, pur diversamente, sia in un caso che nell’altro (come ad esempio l’incendio boschivo).

È altrettanto lampante spiegare che, a parità di danno, bisogna punire più gravemente i comportamenti dolosi e con loro i signorini che lo fanno apposta, rispetto a quelli che sono stati solo un po’ svaporati. Parlando di omicidio, il delitto più delitto che c’è, le pene minime sono di ventuno anni di reclusione per quello volontario, mentre di sei mesi per quello colposo; il primo è punito quarantadue volte più del secondo, nonostante le due diverse condotte causino un fatto perfettamente identico – la morte della vittima –, e scusate se è poco.

Orbene, ci sono tante categorie di reati. Alcuni sono piuttosto sfortunati, hanno un seguito mediatico superiore ad altri e vengono per questo puniti più severamente; caso emblematico sono i reati stradali. Quelli dei pirati della strada, delle stragi del sabato sera e di altre orrende formulazioni giornalistiche sono temi che scaldano molte conversazioni; nell’eterno duello tra garantismo e giustizialismo non si capisce bene chi sia dalla parte del torto; con questo scarabocchio vorrei aiutarvi a gestire la tenzone [1].

Bisogna per prima cosa distinguere tra i reati contenuti nel Codice della Strada, tra cui la celeberrima guida in stato di ebbrezza e guida in stato alterato per l’assunzione di stupefacenti, e invece i reati che vengono commessi mentre si conduce un veicolo ma che sono contenuti nel meno esotico codice penale.

Esempio classico: ho bevuto e guido con un tasso alcolemico oltre lo 0.8 mg/l – quindi, a prescindere da ogni altro reato, verrò imputato per guida in stato di ebbrezza, che è un reato colposo e quindi non importa la mia volontà: dovevo stare più attento e chiamare un tassì od optare per una bella passeggiata.

Faccio un incidente, scontrandomi con un’altra automobile, e il mio primo reato già si aggrava – dal momento che il reato di guida in stato di ebbrezza è aggravato dal commettere un incidente stradale, qualunque esso sia.

Nel mio incidente faccio del male al passeggero dell’automobile che urto: risponderò anche di lesioni (reato punito dal codice penale). Alla fin della fiera i reati per cui sarò condannato saranno due.

Fino a qualche tempo fa, i giudici di ogni ordine e grado erano granitici: dicevano che i reati come le lesioni o l’omicidio, se vengono commessi in macchina (a prescindere dallo stato alterato o meno del conducente), sono tutti necessariamente colposi, a meno che non si provi la volontà del conducente di fare male o uccidere qualcuno, investendolo con la sua Torpedo Blu. D’altro canto, quando non si può sapere com’è precisamente andata una faccenda, bisogna sempre sposare la ricostruzione più favorevole all’imputato.

Chiaro che una cosa è girare in pieno giorno, pianino, sobri come vescovi, essere magari accecati dalla luce del sole o da una bella pubblicità di biancheria intima femminile e ritrovarsi ad andare addosso a una persona che si fa un po’ male e altro invece è girare tutti ubriachi di notte a velocità folli; ma le pene hanno un minimo ed un massimo, e il giudice può liberamente muoversi tra questi due limiti per raccordare la pena al caso concreto.

Ora, i miei lettori più informati sapranno che qualche giorno fa in Parlamento si discuteva un disegno di legge che, se diventasse ufficiale, cambierebbe lo scenario per i delitti di cui stiamo parlando e le pene per chi solo gira la chiave nel cruscotto schizzerebbero in alto come fuochi d’artificio [2].

In tema di omicidi pur colposi, nel disegno di legge si prevede la reclusione da otto a dodici anni se il fatto è commesso da un conducente in stato di ebbrezza alcolica, con un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, o sotto l’effetto di droghe; la pena diminuisce tra i sette e i dieci anni di carcere se il fatto è commesso in stato di ebbrezza alcolica con tasso superiore a 0,8 ma non superiore a 1,5 grammi per litro. Stessa pena se il conducente di un mezzo a motore procede «in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita».

Ricordo che la pena base dell’omicidio colposo semplice è di sei mesi (e il massimo è cinque anni). Nei casi che ho appena indicato si alzerebbe a sette o a otto anni. E stiamo parlando comunque di punire una sbadataggine, per quanto molto grave [3].
E già sento la vocina polemica, il Grillo Parlante, che mi dice: “Sì, ma intanto una persona è morta”. Senza dubbio. E la persona che ha causato quel fatto è già punita con le leggi che già ci sono e che già benissimo contemplano un’ampia cornice, che permette al giudice di distinguere i casi gravi da quelli meno gravi. I casi concreti sono “tanti, milioni di milioni”, proprio come le stelle secondo De Gregori: per questo serve poter andare in basso e in alto.

Alzare così i minimi è una mossa miope e squisitamente populista, che vede le sostanze alteranti come unica causa degli incidenti (e non concausa con ad esempio l’inesperienza o lo stato di sonnolenza del guidatore, la mancanza di illuminazione, il cattivo stato delle strade).
Bisognerebbe tenere sempre in mente le parole con cui si chiude l’introduzione di questo numero, tratte dall’I King: “persino degli avvenimenti sciagurati devono servire per il bene di coloro che ne sono colpiti”. Punire così crudelmente qualcuno che davvero non lo ha fatto apposta e che di norma conserverà un ricordo tremendo del proprio errore davvero non dissuade dalla delinquenza (giacché, appunto, involontaria) e rischia solo di creare una maggiore sfiducia nel nostro sistema sanzionatorio.


Note:

[1] Un intervento illuminante del Senatore Manconi su Il Foglio inizia così: “Se i morti per incidente stradale, sono passati, nell’ultimo quarto di secolo, dai 6.621 dell’anno 1990 ai 3.385 del 2013, come è possibile parlare oggi di“emergenza” a proposito di questa indubbia tragedia? E, più in generale, come è possibile che la cosiddetta insicurezza percepita – l’ansia per sé, per i propri cari e i propri beni sia così totalmente scissa dai daticoncreti della criminalità reale? Per esempio, da un dato quale il seguente: nel 1990 gli omicidi volontari sono stati 1.633, mentre nel 2013 ne sono stati commessi 502”; l’intero articolo si può leggere a questo link.

[2] Si può consultare qui.

[3] Per quanto riguarda le lesioni, invece, il nuovo testo vorrebbe che chiunque provochi a qualcuno lesioni personali per guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di droghe venga punito con la reclusione da due a quattro anni. Se il conducente esercita professionalmente l’attività di trasporto di persone e di cose, si applica la stessa pena con tassi alcolemici inferiori: il limite è fissato a 0,8 grammi per litro. La pena viene ridotta tra i 9 mesi e i 2 anni di carcere se il reato viene commesso in stato di ebbrezza alcolica con tasso alcolemico superiore a 0,8 ma non superiore a 1,5 grammi per litro. Stessa pena se il conducente di un veicolo a motore procede «in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita».

Autore

  • Laureato in giurisprudenza – mio malgrado –, al momento tirocinante presso un giudice penale del Tribunale di Milano. Giacché è giusto definirsi con le cose che si amano e null'altro, posso inanellare alcune passioni, tra cui Milano, i ristoranti etnici e tipici, la birra, la scrittura, la musica (addirittura strimpellata), nonché i videogiochi, i giochi di carte e tutte le altre attività che escludono a priori una qualche retribuzione o il fare bella figura.

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