Un erpice che spezza

di Amedeo Giovanni Conte

L’articolo denuncia l’ambiguità semantica del termine comando “semplice” nel racconto di Kafka “Nella colonia penale”: il termine comando “semplice” designa ambiguamente o un’entità linguistica o un’entità extralinguistica.

In un racconto del 1919: In der Strafkolonie, il Dr. jur. Franz Kafka [Prag/Praha, 1883–Kierling, 1924] parla di una colonia penale e freddamente descrive lo strumento metallico in essa usato per l’esecuzione delle condanne a morte.
Lo strumento è un érpice con degli aghi, degli acúlei. Questi aghi scrivono, sul corpo del condannato, il comando violato, sino alla morte del condannato stesso.
Ecco il passo di Kafka.

“Dem Verurteilten wird das Gebot, das er übertreten hat, mit der Egge auf den Leib geschrieben.
Diesem Verurteilten zum Beispiel wird auf den Leib geschrieben werden:
Ehre deinen Vorgesetzten!” [1]

“Al condannato viene scritto [geschrieben] sul corpo [auf den Leib], con l’érpice [mit der Egge], il comando [das Gebot] che egli ha trasgredito [übertreten].
A questo condannato, per esempio, si scriverà [wird geschrieben werden] sul corpo [auf den Leib]:
Onora il tuo superiore!”

Il racconto In der Strafkolonie ha due presupposizioni.

Prima presupposizione. Il comando è un’entità suscettibile di essere scritta: scritta con gli aghi,
gli acúlei di un érpice, sul corpo d’un condannato. (In altri termini. il comando [Gebot] è
un’entità scrivibile.)

Seconda presupposizione. Il comando è un’entità suscettibile di essere violata, trasgredita. In
altri termini il comando [Gebot] è un’entità violabile, trasgredibile.

Ambedue queste presupposizioni sono false. È filosoficamente falso dire che un’unica e stessa entità (l’entità chiamata in italiano “comando”, in tedesco “Gebot”) sia un’entità suscettibile

sia di essere scritta,
sia di essere violata.

I due predicati ‘scritto’ e ‘violato’ convengono non ad un’unica e stessa entità, ma a due distinte entità semiotiche categorialmente differenti, a due eterogenee entità ambedue chiamate (per metonimía) “comando” in italiano e, in tedesco, “Gebot”.
La prima delle due entità semiotiche omonime (aventi lo stesso nome, lo stesso ónyma: nel caso di Kafka, il nome che omonimicamente designa due entità omonime è il sostantivo tedesco ‘Gebot’ “comando”) è un’entità linguistica. Questa prima entità è un enunciato imperativo: in particolare, l’enunciato imperativo tedesco: ‘Ehre deinen Vorgesetzten!’ [in italiano: ‘Onora il tuo superiore!’].
La seconda delle due entità semiotiche omonime è una entità non-linguistica (un’entità extralinguistica). Questa seconda entità è non un enunciato ma un dovere, un obbligo istituito da un comando: in particolare, il dovere di onorare il proprio superiore, dovere theticamente istituito dalla enunciazione performativa dell’enunciato imperativo tedesco: ‘Ehre deinen Vorgesetzten!’ [‘Onora il tuo superiore!’].
Di queste due entità semiotiche (entità linguistica la prima entità extralinguistica la seconda), è la prima, e solo la prima (e precisamente: quell’entità linguistica che è l’enunciato imperativo ‘Ehre deinen Vorgesetzten!’ ‘Onora il tuo superiore!’), nella sua graficità, a poter essere scritta, (e precisamente: a poter essere scritta con gli aghi di un érpice sul corpo d’un condannato). È la seconda, e solo la seconda (e precisamente: quell’entità extralinguistica che è il dovere di onorare il proprio superiore) a poter essere violata, trasgredita.
Correlativamente: è una incorrettezza sortale, predicare ‘violato’, ‘trasgredito’ di un enunciato; è una sortal incorrectness cosí come, simmetricamente, è una sortal incorrectness predicare ‘scritto’ di un dovere.
Il caso (filosoficamente inquietante) dei due predicati ‘scritto’ e ‘violato/trasgredito’ è analogo al caso (filosoficamente non inquietante, anzi: filosoficamente innocente, anódino) dei due predicati ‘numero primo’ e ‘bisillabico’. Quando (primo caso) diciamo che ‘sette’ è un numero primo, e quando (secondo caso) diciamo che ‘sette’ è bisillabico, noi predichiamo ’sette’ non di un’unica e stessa entità, ma di due distinte entità categorialmente differenti. In particolare: nel primo caso (quando diciamo che ‘sette’ è un numero primo), noi predichiamo ’numero primo’ di un’entità aritmetica (e precisamente: di quell’entità aritmetica che è il numero 7). Quale entità aritmetica, quell’entità aritmetica che è il numero 7 non è bisillabica, né non-bisillabica. Essa non è bisillabica, non-bisillabica cosí come, in genere, non è né bisillabica, né non-bisillabica, qualsiasi entità aritmetica. Quattro esempi:

Non è bisillabico, non-bisillabico il numero 111;
Non è bisillabico, non-bisillabico il successore del numero 111;
Non è bisillabica, non-bisillabica la radice quadrata di 111;
Non è bisillabico, non-bisillabico il primo numero primo;

Nel secondo caso (quando diciamo che ‘sette’ è bisillabico), noi predichiamo ’numero primo’ non di un’entità aritmetica, ma di un’entità linguistica, di un lessema della lingua italiana (e, precisamente, del nome-di-numero ‘sette’). Quale entità linguistica, questa entità linguistica non è prima, non-prima. Essa non è prima, non-prima, cosí come, in genere, non è prima, non-prima qualsiasi entità linguistica.
Quattro esempi:

non è primo, non-primo il nome-di-numero ‘centoundici’;
non è primo, non-primo l’aggettivo ‘primo’;
non è primo, non-primo il sintagma ‘numero primo’;
non è primo, non-primo il nome del primo numero primo.


Bibliografia.

1. Betti, Giuliano, Kafka: La colonia penale. Film. 1988.
2. Colloca, Stefano [*Pavia, 1977], Prescrittivo vs. presentativo nel linguaggio del comando. In: “Materiali per una Storia della cultura giuridica”, 38(2008), numero 1, pp. 253-263.
3. Conte, Amedeo Giovanni [*Pavia, 1934], Duplicità del comando. In: “Rivista internazionale di Filosofia del diritto”, 89 (2012), pp. 581-585.
4. Conte, Amedeo Giovanni, Norma: cinque referenti. In: Conte, Amedeo Giovanni / Di Lucia, Paolo [*Milano, 1966] / Incampo, Antonio [*Altamura, 1962] / Lorini, Giuseppe [*Voghera, 1969] / Żełaniec, Wojciech [*Gdańsk, 1959], Ricerche di Filosofia del diritto. A cura di Lorenzo Passerini Glazel [*Brescia, 1974]. Torino, Giappichelli, 2007, pp. 27-35.
5. Conte, Amedeo Giovanni, Norma: cinque referenti. In: Lorini, Giuseppe / Passerini Glazel, Lorenzo (eds.), Filosofie della norma. Torino, Giappichelli, 2012, pp. 57-65.
6. Conte, Amedeo Giovanni, Pentasemia terminu ‘norma’ [Pentasemía del termine ‘norma’]. Traduzione polacca, dall’italiano, di Jakub Martewicz [*Ostrów Wielkopolski, 1982]. In: “Ruch Prawniczy, Ekonomiczny i Socjologiczny”, 72(2010), zeszyt 1, pp. 1-11.
7. Conte, Amedeo Giovanni, Where the Norm Is Unspoken. In: Fasciolo, Marco (ed.), Lexique et philosophie. Numero monografico dei “Cahiers de lexicologie”, 99(2011), 2 (Paris, Classiques Garnier, 2011), pp. 189-192.
8. Glass, Philip [*Baltimora, 1937], In the Penal Colony. 2000. Composizione musicale. (Libretto di Rudolph Wurlitzer [*1937].)
9. Gründler, Carl August [1769–1843], Gesetze des teutschen peinlichen Rechts. Halle, bey Iohann Christian Hendel, 1799.
10. Kafka, František [Louňovice pod Blaníkem, 1909-Praha/Prag, 1991], Velký pražský rabi Jehuda Löw [Il grande rabbino di Praga Jehudah Löw]. Praha, Kalich, 1994.
11. Kafka, Franz [Prag/Praha, 1883–Kierling, 1924], In der Strafkolonie [Nella colonia penale]. Leipzig, Kurt Wolff, 1919. Riedizione in: Kafka, Franz, Sämtliche Erzählungen [Tutti i racconti]. Herausgegeben von Paul Raabe [*Oldenburg, 1927]. Frankfurt am Main, Fischer, 1988, pp. 100-123.
12. Kafka, Franz, Sämtliche Erzählungen [Tutti i racconti]. Herausgegeben von Paul Raabe [*Oldenburg, 1927]. Frankfurt am Main, Fischer, 1988.
13. Petőfi, János Sándor [Miskolc, 1931-Unghería, 2013] / Franck, Dorothea (eds.), Präsuppositionen in Philosophie und Linguistik / Presuppositions in Philosophy and Linguistics. Frankfurt am Main, Athenäum, 1973.
14. Thomason, Richmond H., A Semantic Theory of Sortal Incorrectness. In: “Journal of Philosophical Logic”, 1(1972), pp. 209-258.
15. Wurlitzer, Rudolph [*1937], In the Penal Colony. Libretto della omonima composizione musicale di Philip Glass. 2000.

© Tutti i diritti riservati

Autore

  • Professore libero docente dell’Università di Torino, professore emerito dell’Università di Pavia, professore a contratto dell’Università di Pavia, socio nazionale dell’Accademia Nazionale dei Linceì.

    Visualizza tutti gli articoli